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giovedì 12 marzo 2020

Tenendo per mano il sole,Maria Lai



“Ero analfabeta, ma piena di favole”

Maria Lai era un’artista sarda, che lavorava su telaio e sulle sue tele cucite raccontava l’Italia dopo la seconda Guerra mondiale.
Diceva : “ Un paese che si consola con le favole ed i versi  , che imprime nella mente  per conservarne il ricordo”.
Tenendo per mano il sole è il titolo della sua prima favola cucita, la più famosa  e che è possibile ritrovare in forma tattile presso la mostra “Ascoltare la materia” al Maxxi di Roma, un percorso  diviso in cinque sezioni :
-           Cucire e ricucire, in cui Maria Lai abbandona il disegno in favore di materiali solidi;
-         Giocare e raccontare , l’arte intesa come divertimento per gli adulti;
-         Oggetto paesaggio , ad esempio sculture di libri;
-        Immaginare l’altrove, mappe concrete e fantastiche di mondi inediti;
-       Incontrare e partecipare, funzione salvifica dell’arte, per  la collettività. Al suo interno la grande opera “Come legarsi alla montagna”, esperimento di arte relazionale, ispirato ad una leggenda sarda.
“L’uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile, perciò elabora fiabe, leggende, feste, canti,arte”.


 Dal web:


“I libri cuciti di Maria Lai sono pagine di stoffa che ricordano i volumi senza parole sfogliati dai santi nei quadri del XVII secolo. Le righe del ricamo, il cui ritmo è rappreso in nodi di filo da cucito aggrovigliato, e le parole hanno l’andamento di una partitura musicale. Il cucito, un’attività umile e domestica tradizionalmente assegnata al genere femminile, è coniugato con il libro, emblema dell’autorità del testo e del sapere occidentale in cui la donna ha avuto un ruolo subalterno. La parola e la scrittura sono una forma del potere, detentore dell’interpretazione e delle letture impartite, che Maria Lai nega con questa ribellione gentile e silenziosa. In questi volumi di stoffa si tramanda un canto che resta chiuso al tentativo di decifrarlo per trarne il significato; che non si deve interpretare, perché l’interpretazione è una presa di possesso che esclude i sensi molteplici che un simbolo reca in sé. A volte non si riesce a sfogliarne le pagine, perché i fili che si ingarbugliano le tengono chiuse. Sono timidi, non enunciano: suggeriscono, evocano, bisbigliano.
I “Silenzi” della Lai, evocati dalla Ciusa nella sua narrazione rigorosa nell’analisi e nello studio dei documenti originali e inediti, sono queste pause di parole e di peso che invadono lo spazio dell’arte per intensificare la ricerca. Anche quella mitografica locale e la riflessione profonda che Maria Lai conduce sulla memoria collettiva radicata nel territorio di appartenenza, antropizzato o naturale, pongono questa artista al livello della più famosa Land Art americana”
tenendo per mano il sole

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